Camminare è un atto politico.
Nei momenti bui dove la mediocrità è un vanto, l’incompetenza amministra, l’ignoranza governa e l’odio viene elargito a piene mani, andare a piedi per un territorio significa accorgersi che i terremoti non fanno morti ma sono le case costruite senza il rispetto dei fenomeni geodinamici a crollare;
significa comprendere che il riscaldamento globale non ha nulla a che vedere con il meteo dell’ultimo mese;
significa rendersi conto che la riva di un canale non rettificato da una sponda di cemento, può mitigare gli effetti di una piena improvvisa;
significa capire che una zona umida, relitto glaciale di qualche decina di migliaia di anni, conserva un valore naturalistico di biodiversità, che sulla bilancia costi-benefici non può nemmeno trovare quantificazione;
significa cogliere che le relazioni fra le persone sono il prodotto di scelte urbanistiche, di architetture, di piani di indirizzo e piani regolatori;
significa scoprire che il senso di una comunità passa anche attraverso lo statuto di una “latteria turnaria” che con i suoi semplici meccanismi, consente di produrre formaggio senza penalizzazioni di sorta sia al contadino con una vacca in cortile sia all’allevatore che ne possiede cinquanta.
Siamo le esperienze che facciamo. Nel mondo. A piedi.
