Lo scaffale Ikea che hai assemblato negli anni, ha ormai occupato l’intera parete, a tutta altezza.
Grazie alla geniale modularità scandinava, le anonime stampe appese al muro, hanno trovato posto in cantina e giacciono dimenticate ad ammuffire.
I ripiani cominciano a flettere ed incurvarsi per il peso; ogni volta che sprofondi in poltrona, ti riprometti che la prossima volta ne girerai il verso, per ripristinare l’orizzontalità della libreria.
Non lo farai. Credimi.
Negli anni i libri di scuola, e le riviste suddivise per annate, hanno trovato posto nei ripiani dell’ultima fila, mentre le altre si sono via via popolate dei titoli che prediligi. Letteratura di viaggio, esplorazioni, cammini, natura, verde, antropologia, paesi, persone.
Alcuni ripiani sono esclusivamente dedicati alle mappe. Sei un compratore compulsivo di carte topografiche. Da anni l’atlante geografico non ti basta più.
Pare che un unico richiamo unisca, il selvatico, il confine, la strada, la frontiera, il crinale, la foresta, il margine, il mare, le isole e voglia indirizzarti verso il fascino e il mistero dell’ignoto.
Perché?
Spendi la maggior parte del tempo libero ad immaginare itinerari.
Ne segui la traccia, studi varianti alternative, strade principali e vie secondarie. Quando non disponi di una carta ti vengono in supporto Open Street o Google Maps.
Le tue ferie sono dedicate a camminare. Ormai da anni spendi il tuo tempo a conoscere i posti percorrendo a piedi, sentieri, strade bianche, mulattiere; ad unire borghi, frazioni e paesi al di fuori degli itinerari battuti.
Spesso attraversi ambienti dove presenza e impronta antropica sono assenti. Il vuoto, la solitudine, il silenzio apparente non appaiono privazioni. Nemmeno in condizioni avverse di freddo, vento forte o pioggia battente. La fatica non ti scoraggia e nel ripercorrere con la memorai queste esperienze, ogni volta torna con prepotenza la voglia di provare ancora quelle sensazioni anche le più estreme.
Perché?
Il silenzio affollato quando attraversi una foresta. Popolato dai versi dei volatili, dalle fronde mosse dalla brezza. Occupato da schiocchi, da fruscii di foglie e rami spezzati, da rumori indistinti di bosco che cresce.
Il silenzio muto degli altipiani di montagna al calare del sole, nei cambi di stagione tra la fine dell’autunno e il primo inverno in attesa delle nevicate. Assente di ogni trambusto vitale, tipico della primavera e delle brevi estati. Privo di versi animali, di gorgoglii di ruscelli, bloccato nell’immobilità dell’imbrunire.
La percezione delle trasformazioni fisiologiche, psichiche ed emotive dovute ad una esposizione prolungata per giorni, settimane all’ambiente naturale e selvatico. La relazione con l’ecosistema che recupera stimoli ed istinti primordiali, che millenni di evoluzione non hanno cancellato nemmeno nell’Homo Sapiens colonizzatore ed abitante dell’Antropocene.
I ripiani della tua libreria continueranno a flettersi… e forse questa è la spiegazione.

Per approfondire
Franco Michieli “Andare per silenzi” Sperling e Kupfer 2018