La libertà di camminare non è nulla …
La pratica del muoversi a piedi come esercizio ludico ricreativo, trae origine nel XVIII secolo sull’onda del fervore romantico verso la contemplazione della Natura e di ogni fenomeno ad essa collegato, come pure l’estasi meditativa che induceva il viandante di fronte al Paesaggio, al di fuori del contesto urbano.
Città e campagna, nei secoli fino al 1800, hanno sempre mostrato una netta distinzione. Il confine che le separava era chiaramente percepibile; una cerchia di mura, un ampio fossato od un perimetro naturale, geomorfologico.
La rivoluzione industriale favorì la nascita dei sobborghi residenziali per dare modo alla borghesia prima ed alla classe media successivamente, di allontanarsi dai miasmi delle fabbriche insediate nell’area urbanizzata.
Il motore che sostituì, in quanto forza motrice (meccanica) la trazione animale (bipede e quadrupede) amplificò la possibilità di percorrere le distanze nell’unità di tempo.
Lo spazio fisico della pratica vitale quotidiana divenne sempre più mediato da un veicolo (privato o pubblico).
Fu così che successe.
Città ufficio, periferie dormitorio, hinterland satelliti, aree commerciali. Giganteschi ammassi reticolari urbanizzati a misura di automezzo.
Ogni spostamento è oggi una traslazione tra luoghi, dove si trascorre la maggior parte del tempo fermi o seduti; tranne la sera quando ci si sposta con un veicolo percorrendo una decina di chilometri, in un luogo dove è possibile farne cinque, pedalano o camminando bloccati su un attrezzo fitness.
Vi è un nesso tra la scomparsa dei marciapiedi, la riduzione delle aree pedonali, la desertificazione delle piazze, e il progressivo deterioramento delle relazioni interpersonali, l’esercizio dei diritti, l’autonomia di pensiero?
Luoghi privati e circoscritti, che costringono le libertà espressive.
Ambienti e spazi che limitano stimoli e percezioni.
Architetture e distribuzioni urbanistiche a prevalente misura di veicolo.
Pratiche di quotidianità orientate alla riduzione dell’interazione sociale.
Esercizio fisico artificioso per muovere un corpo impedito nell’espletamento della sua funzione biomeccanica.
La libertà di camminare non è nulla se non vi è una condizione per poterla esercitare.
